Sospeso a ottanta metri sopra una gola profonda, il ponte di Roana, sull’Altopiano dei Sette Comuni, è un’opera di ingegneria che da oltre un secolo unisce due lembi di terra e, con essi, le comunità. Ma la sua imponente struttura in acciaio e pietra porta con sé un’eredità pesante, quella di “viadotto dei suicidi”, un luogo segnato da innumerevoli tragedie personali. Oggi, questa icona veneta vive una complessa dualità: da un lato il tentativo di arginare il suo lato oscuro, dall’altro la sua trasformazione in una destinazione per chi cerca il brivido e l’avventura, un delicato equilibrio tra memoria e futuro.
Storia del ponte di Roana
Origini e costruzione di un gigante
La storia del ponte affonda le sue radici alla fine del diciannovesimo secolo. Progettato dall’ingegnere Aurelio Slaviero, il cantiere prese il via nel 1896 per concludersi dieci anni dopo, con l’inaugurazione ufficiale nel 1906. L’opera rappresentò per l’epoca una sfida ingegneristica notevole: una travata in acciaio lunga 135 metri, sostenuta da due imponenti piloni in pietra, si ergeva a 80 metri di altezza sulla val d’Assa, collegando finalmente Roana e Canove e rivoluzionando la viabilità dell’altopiano.
Distruzione durante la Grande Guerra
La sua esistenza fu bruscamente interrotta durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1916, nel pieno dei combattimenti che infuriavano sull’altopiano, il ponte fu fatto saltare per ragioni strategiche, al fine di impedire che cadesse nelle mani del nemico. Le sue macerie rimasero come un monito silenzioso della devastazione bellica fino alla sua successiva ricostruzione, che restituì all’infrastruttura la sua funzione vitale per il territorio.
Una reputazione sinistra
Nel corso dei decenni successivi, il ponte ha acquisito una fama tragica. La sua altezza e la sua accessibilità lo hanno reso un luogo tristemente noto per gesti estremi, guadagnandogli l’appellativo di “viadotto dei suicidi”. Questa reputazione si è consolidata nel tempo, legando indissolubilmente l’immagine dell’opera ingegneristica a un profondo senso di lutto e malinconia che ancora oggi pervade la comunità locale. La lunga cronologia di eventi drammatici ha reso inevitabile una presa di coscienza collettiva, spingendo a cercare risposte concrete a un problema tanto delicato.
Le iniziative per prevenire i suicidi
Le recenti tragedie come campanello d’allarme
Il dramma del ponte è purtroppo un capitolo ancora aperto. Un episodio avvenuto il 15 maggio 2025, quando un uomo di 38 anni si è tolto la vita, ha riacceso i riflettori sulla questione. Secondo le cronache, un biglietto lasciato dall’uomo alludeva a una forte pressione lavorativa. Questo evento, purtroppo non isolato, ha sottolineato con urgenza la necessità di interventi efficaci per fermare la scia di dolore.
La risposta delle istituzioni
Di fronte al ripetersi di queste tragedie, i sindaci e le autorità locali hanno intensificato gli appelli alla vigilanza e alla collaborazione dei cittadini, invitando a segnalare tempestivamente ogni situazione di potenziale pericolo. Sul piano pratico, si è tornati a discutere di soluzioni strutturali. Tra le opzioni al vaglio vi è l’installazione di barriere protettive o reti di sicurezza, interventi complessi dal punto di vista tecnico e paesaggistico ma considerati sempre più indispensabili. L’obiettivo è rendere fisicamente più difficile il compimento di gesti irreparabili.
L’importanza del supporto e della sensibilizzazione
Oltre alle misure fisiche, si è compresa l’importanza di agire sul fronte della prevenzione e del supporto psicologico. La sensibilizzazione sul tema della salute mentale è diventata una priorità, con iniziative volte a:
- Promuovere l’accesso a servizi di supporto psicologico sul territorio.
- Creare una rete di ascolto e di aiuto per le persone in difficoltà.
- Organizzare campagne informative per ridurre lo stigma associato ai disturbi mentali.
- Incoraggiare un dialogo aperto all’interno della comunità sul benessere psicologico.
L’approccio integrato, che combina interventi strutturali e supporto umano, è visto come l’unica strada percorribile. Mentre si lavora per proteggere la vita, un altro percorso, parallelo e complesso, cerca di infondere nuova linfa al ponte, trasformandolo in un simbolo di rinascita.
Il ponte di Roana, luogo di attrazione turistica
Un cambio di narrativa
Nonostante la sua storia dolorosa, si sta compiendo uno sforzo significativo per cambiare la percezione del ponte di Roana. L’idea è quella di affiancare alla memoria del passato una nuova identità, legata alla bellezza del paesaggio e alle opportunità che il luogo può offrire. Si cerca di trasformare un simbolo di disperazione in un’attrazione capace di generare vita e interesse, senza dimenticare ma guardando avanti.
Ingegneria e paesaggio mozzafiato
Il ponte non è solo un luogo di memoria, ma anche un’opera di pregevole ingegneria di inizio Novecento. La sua struttura metallica, elegante e imponente, si inserisce in un contesto naturale di straordinaria bellezza. La vista sulla val d’Assa è spettacolare e offre scorci unici sull’Altopiano dei Sette Comuni. Questo potenziale paesaggistico è la chiave per attirare un nuovo tipo di visitatore, interessato alla natura, alla fotografia e alla storia dell’ingegneria.
Un’attrazione per fotografi e curiosi
La sua architettura audace e il panorama che offre lo rendono una meta ideale per fotografi e appassionati di storia. L’intreccio tra la sua funzione pratica, la sua estetica industriale e il suo vissuto lo carica di un’aura particolare che affascina molti. Il ponte diventa così un soggetto fotografico di grande impatto e un punto di osservazione privilegiato sul territorio circostante, un luogo da visitare non solo per la sua fama, ma per il suo intrinseco valore storico e ambientale. Questa nuova vocazione turistica si spinge anche oltre la semplice contemplazione, aprendo le porte a esperienze decisamente più adrenaliniche.
Attività per amanti delle sensazioni forti
Il brivido del bungee jumping
Il ponte di Roana è diventato uno dei luoghi più famosi in Italia per la pratica del bungee jumping. Lanciarsi nel vuoto da un’altezza di 80 metri, assicurati a un elastico, è un’esperienza che attira appassionati di sport estremi da ogni parte del paese e dall’estero. Questa attività, gestita da operatori specializzati che garantiscono i massimi standard di sicurezza, ha contribuito in modo decisivo a creare una nuova immagine per il viadotto, associandolo all’adrenalina, al coraggio e al superamento dei propri limiti.
Altre attività adrenaliniche nella zona
L’area dell’Altopiano dei Sette Comuni, grazie alla sua conformazione geografica, si presta a numerose altre attività all’aria aperta che possono attrarre un pubblico avventuroso. Oltre al bungee jumping, i visitatori possono cimentarsi in percorsi di trekking estremo, arrampicata su pareti rocciose o discese in mountain bike lungo sentieri scoscesi. La presenza del ponte come epicentro di queste attività contribuisce a posizionare l’intera zona come una destinazione di riferimento per il turismo attivo e d’avventura.
Confronto tra le attrazioni della regione
La crescente offerta di attività adrenaliniche rende l’altopiano una meta competitiva per gli amanti del brivido. Un confronto tra le principali opzioni può aiutare a orientarsi.
| Attività | Livello di Adrenalina | Requisiti Fisici | Periodo Consigliato |
|---|---|---|---|
| Bungee Jumping (Ponte di Roana) | Estremo | Buona salute generale | Primavera – Autunno |
| Trekking su sentieri esposti | Alto | Buon allenamento, assenza di vertigini | Estate |
| Arrampicata sportiva | Alto | Forza e tecnica specifiche | Primavera – Autunno |
| Mountain Bike (downhill) | Molto Alto | Ottima preparazione fisica e tecnica | Tarda primavera – Inizio autunno |
La diversificazione dell’offerta turistica, con il bungee jumping come punta di diamante, sta avendo ripercussioni significative non solo sull’immagine del ponte, ma anche sul tessuto economico e sociale dell’intera comunità.
Impatto economico e sociale del turismo sul ponte
Benefici economici per la comunità locale
La trasformazione del ponte di Roana in un polo per il turismo avventuroso ha generato un indotto economico tangibile per l’area circostante. L’afflusso di visitatori e appassionati di bungee jumping ha stimolato le attività commerciali locali: alberghi, ristoranti, bar e negozi beneficiano di questa nuova clientela. Si è creato un piccolo ma significativo ecosistema economico che offre opportunità lavorative e contribuisce a contrastare lo spopolamento delle aree montane.
La complessa percezione della comunità
Per la gente del posto, questo sviluppo ha un sapore agrodolce. Da un lato, c’è il riconoscimento dei vantaggi economici e della nuova vitalità portata dal turismo. Dall’altro, persiste una sensazione di malinconia e rispetto per la storia tragica del luogo. Le grida di gioia e adrenalina dei saltatori si mescolano al silenzio della memoria di chi ha perso la vita. La comunità vive questa dualità con discrezione, consapevole che la nuova vocazione del ponte non può e non deve cancellarne il passato.
La sfida di un equilibrio sostenibile
La vera sfida per il futuro del ponte di Roana è trovare un equilibrio sostenibile tra la promozione turistica e il rispetto per la sua storia. È fondamentale che lo sviluppo turistico non diventi una spettacolarizzazione irrispettosa del dolore. L’obiettivo è integrare le attività ludiche con iniziative di sensibilizzazione sulla salute mentale e con momenti di commemorazione. Solo così il ponte potrà diventare un simbolo completo: non solo di coraggio e avventura, ma anche di resilienza, memoria e speranza.
Il ponte di Roana rappresenta oggi un microcosmo di complesse dinamiche contemporanee. È un monumento storico, un luogo di profondo dolore, un’attrazione adrenalinica e un motore economico. La sua storia insegna che è possibile provare a riscrivere il futuro di un luogo senza cancellarne il passato, affrontando la sfida di tenere insieme la memoria delle tragedie con la speranza di una nuova vita. L’equilibrio tra la prevenzione, il ricordo e la valorizzazione turistica rimane un percorso delicato ma necessario per la comunità dell’altopiano.
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